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architettiperilfuturo

23-24.05.2021

Buonasera,

 

ringrazio per avermi invitato all’evento e spero che diventi un’iniziativa riproposta in futuro, anche per discutere delle dinamiche quotidiane.

Oltre al contributo che ho messo in chat:

 

Carissimi colleghi, spero di non andare contro corrente e di comunicare con rispetto nei confronti di chi, ben più di me, comprende lo stato attuale. Oggigiorno abbiamo affrontato una situazione in cui ci siamo sentiti colpiti in differenti modi, sia sul piano lavorativo che sociale. Come categoria corriamo il rischio di non essere ascoltati singolarmente, perché siamo legati a convinzioni oramai lontane dalle sfere evolutive future. Le città non sono pronte, in particolar modo “urbanisticamente”, ad affrontare le esigenze future. Le città andrebbero ricostruite totalmente e noi dovremo cambiare il nostro metodo di lavoro per avere una nuova visione della categoria, che non deve legarsi alla pratica amministrativa nei vari Enti. Questa è l'occasione di unirci, perché se continuiamo a tenere le nostre competenze disgiunte sarà la nostra progressiva discesa. Dovremo cambiare anche il nostro concetto di merito, proprietà intellettuale e, come in questa opportunità di confronto, ampliare la maturazione di un'idea. L'urbanistica ha bisogno di un nuovo linguaggio che miri ad avere tematiche legate al 2100 e non solo al 2050, creando degli step urbanistici di valutazione. Avere il confronto e la capacità di vedere oltre la nostra competenza, perché l'Architetto sintetizza, crea e si rapporta come figura culturale della società che rappresenta. Il primo studio dovrebbe avviene nell'urbanistica, perché è la genetica delle nostre scelte, della nostra cultura, dei nostri progetti e del nostro futuro. I nostri sforzi sulle singole porzioni del territorio rimarrebbero uno sprawl, una distensione di differenti intenti. Grazie mille.

 

La situazione, che stiamo vivendo, ha offerto la possibilità di approcciare a un confronto aperto a chi cerca una porta di comunicazione con chi, già affermato nella nostra professione, sembrava irraggiungibile.

La Maratona merita di essere riproposta, discussa e diventare un valore aggiunto in più per tutti noi, acquisendo quelle esperienze che arricchiscono e valorizzano il nostro ruolo.

Affrontare le tematiche, dai vari punti di vista, porta le differenti culture a generare un’idea, che è il nostro nettare ed il nostro bisogno.

Vorrei lasciare questo contributo, condivisibile o meno, nella speranza di ricevere un parere, seppur contrario al mio, che è guidato dalle mie emozioni e pensieri generati dalla giovane età e dalla curiosità di conoscere.

 

L’Architettura è l’arte della scienza di intrecciare le materie e la materia che l’uomo interpreta e sceglie di apprendere per generare e creare le soluzioni atte alle esigenze attuali e future senza mai venir meno alle esperienze passate.

Questa memoria dell’Architettura è fondamentale per conoscere il nostro presente in quanto garanti per le generazioni future.

L’Architetto pertanto è colui che mescola le discipline, le conoscenze e le esperienze che deve imparare a governare all’interno di se stesso in un continuo processo di metamorfosi del pensiero, per interpretare le esigenze attuali e, in particolar modo, quelle future.

La nostra figura professionale, nella quale mi ricomprendo anch’io, necessita di una nuova accezione per le prossime generazioni.

Molto probabilmente diventeremo dei manager occupandoci, a mio grandissimo malgrado, poco alla progettazione e questa è una delle situazione che credo dobbiamo evitare.

Evitarla, perché l’Architetto è un creativo e le regole gli stanno strette, infatti le modella continuamente, attingendo dal quotidiano.

Questo aspetto derivato dalle situazioni recenti che vedono crescere sistemi di metodo e processo di governance della progettazione, quali ad esempio il Building Information Modelling, che ci vedrà coinvolti appieno nei prossimi anni, diventando il modello base del futuro, anche se appena iniziato è già passato, perché noi dobbiamo pensare oltre, perché abbiamo il dovere ed il compito di farlo.

Nei sistemi BIM il progetto è diventato la compilazione di un database per l’estrazione dei dati e l’elaborazione diretta delle nostre relazioni.

Questi strumenti non possono sostituire il nostro operato, benché le macchine in questa fase stanno assorbendo ed imparando a progettare dai nostri sforzi.

Molte delle Architetture, derivate da software complessi, possono aiutare a modellare forme che siano l’espressione di una prospettiva distorta o decostruttiva, che contribuisca allo studio della morfologia, ma non sostituisca le dinamiche di scelta e di ricerca della forma fine a se stessa. Anche se, questi software, sono, per alcuni settori dell’Architettura, un’esigenza di modellazione e di ricerca.

La tecnologia, nel termine più ampio, sarà percepita come elemento coadiuvante per semplificare il lavoro, ma non dovrà sostituire la passione.

Secondo il mio punto di vista, sarebbe opportuno che il confronto parta dalla tematica del ruolo dell’Urbanistica nel complesso sviluppo della città, del ruolo dell’Architetto in ambito sociale, nei rapporti con il territorio e la società.

Penso che l’Urbanistica sia la genetica dell’Architettura che dirige l’organismo senza dettare e articola le necessità della città.

In futuro l’Urbanistica dovrà comprendere un linguaggio differente rispetto a quello attuale, perché si effettueranno mappature dei terreni, delle infrastrutture, dei monumenti, dei fabbricati ecc. molto più dettagliate di quelle attuali.

I nuovi sistemi informatici realizzeranno questo “pianeta” proprio attraverso il collegamento tra tutti questi modelli.

Le città avranno un unico piano e non duemila piani che devono essere visionati o consultati continuamente in differenti organi slegati o distribuiti sul territorio. Da questi piani sarà possibile estrarre tutte le informazioni necessarie.

Dobbiamo ridefinire gli standard per le differenti fattispecie della sostenibilità, le zone di rispetto, le corsie di emergenza, le distanze ecc..

Semplificare significa agire nella semplificazione e non significa eliminare la burocrazia, bensì realizzare un unico modello per un qualsiasi intervento. Una relazione standard da compilare ed una personalizzata di massimo “10 pagine”.

Molte delle nostre relazione contengono informazioni già in possesso degli Enti e contengono dati vari riportati nella pratica. Basta ripetere cento volte i soliti dati, è un procedimento inutile.

L’Urbanistica non detterà le regole, sarà un codice di intervento, spiegherà lo schema di come intervenire, inoltre sarà del tutto digitale.

 

Attenzione al digitale che avrà un ruolo fondamentale nel nostro domani, però poniamo attenzione a dove saranno i nostri dati, perché se questi si troveranno dall’altra parte del mondo, in casi emergenziali, sarà difficile essere indipendenti.

Sembrano temi non Architettonici, però lo sono, arriverà anche il tempo in cui i dati saranno territoriali e dovremo prevedere database sul territorio.

 

La gestione delle emergenze in urbanistica deve essere affrontato, inoltre deve prevedere, nel momento in cui si progetta non solo il suo uso o la sua gestione, bensì anche il suo smaltimento e la sua possibile riconversione per garantire il futuro del tessuto della città.

Non è più possibile pensare in termini passati con rimandi inutili, dobbiamo avere uno sguardo più grande verso il futuro, se non facciamo questo saremo lontani.

Le città non vanno rigenerate, vanno ricostruite, dobbiamo pensare a dei piani di demolizione e ricostruzione con modifica dei tessuti urbani. Dobbiamo essere forti e lasciare il romanticismo solo nella progettazione ed avere più rispetto del territorio, non come abbiamo fatto fin ora. Rigenerare costa di più che demolire e ricostruire soprattutto quando la base non funziona. Pertanto è utile rigenerare solo nei casi in cui sia veramente necessario, diversamente potremo creare delle città troppo policentriche e non compatibili tra di loro. La rigenerazione deve essere guidata e coordinata per diventare un possibile motore primo di sviluppo. Non possiamo rigenerare dei settori della città ed il resto del tessuto resta fermo, come già è avvenuto in molti interventi attuali e passati.

 

Prevedere il sostegno della creazione di bagni pubblici, di edifici rivolti a chi non può avere le case, i negozi ecc. pensare e contribuire a spazi ed ambianti per il sostegno sociale di ogni genere dalle comunità e così via.

Dobbiamo pensare che la città è composta da differenti problematiche, criminalità, droghe, ecc., vanno affrontati i temi degli accessi, le scelte dei trasporti marittimi e la comunicazione territoriale.

Dobbiamo pensare a chi non potrà, nelle possibilità più disparate, lavorare per il bene pubblico con interventi sviluppatori di un percorso.

Parchi, laghi ecc., devono accompagnare la rete interna alla città della mobilità sostenibile e, soprattutto, è importante dettare la rilettura di confini e di margini.

Non bisogna pensare allo spazio pubblico o privato, dobbiamo pensare allo spazio e distinguerlo solo dall’utilizzo. Questo è un passaggio complesso, ma non impossibile.

Le amministrazioni locali, regionali, parastatali, di servizio e di gestione diventeranno una sola figura, che al suo interno gestiranno le differenti fattispecie.

I piani urbanistici interagiranno con i nostri modelli caricati ed avremo in tempo reale l’approvazione del nostro progetto senza aspettare assensi da parte di nessuno, salvo il tempo di caricamento e l’elaborazione dell'approvazione o del diniego stesso, nel quale verrà rilasciato una relazione completa che spieghi le problematiche.

Dobbiamo avere il coraggio di pensare oltre i nostri limiti attuali e quanto ho descritto è solo il fondamento per il successivo step evolutivo.

La città dovrà affrontare la collocazione delle strutture sostenibili, come ricavare le energie, attraversare il mare, sfruttare i fiumi, e catturare i venti ecc..

Non di meno le città dovranno anche risolvere il problema più grande della sostenibilità, cioè l’autosufficienza, la capacità di essere essenziali a se stessa.

Dobbiamo ricordare anche che la città e la sua Architettura sono turismo e territorio.

Molte delle nostre città non sono adatte alle esigenze future, non possono sostenere eventuali situazioni di sostenibilità, di emergenza e lo stato attuale, che ha coinvolto tutti, è la dimostrazione di ciò.

La città ideale è un organismo che si connette e si relaziona come delle sinapsi. La città curerà il concetto di spostamento, perché l’uomo ha la necessità intrinseca di spostarsi e di vivere il mondo.

Il conflitto normativo con lo scopo ultimo della sostenibilità, delle scelte vitali di qualità dell’Architettura, complica la situazione e la percezione della sezione stradale.

Vi saranno città cosmopolite e città appendici che saranno il luogo di residenza, di lavoro e di riposo. Basta pensare al rapporto tra Milano e Genova. I milanesi non vedono l’ora che si crei il collegamento ferroviario tra le due città per comprare casa a Genova, arrivare a Milano in un’ora, lavorare e tornare a casa. Questo potrebbe accedere già nei prossimi anni.

Le città dovranno sensibilizzare gli spostamenti interni, e interrogarsi su come coordinare i cantieri.

Altro tema interessante è il pensiero del cantiere del domani.

Il cantiere è il luogo in cui rendiamo il nostro pensiero, le norme e la materia realtà. E’ il luogo dove l’esistente muta e si trasforma. Regala, a chi costruisce, l’esperienza di vivere gli spazi e gli ambienti nelle fasi di mutazione e sviluppo. Il murature vive, quotidianamente, il privilegio di assimilare le sensazioni dell’esistente, del transitorio e del costruito che vive quotidianamente.

I cantieri saranno controllati da remoto e la loro gestione sarà differente in tutti i campi.

In un futuro molto lontano, almeno per ora, l’uomo non sarà il diretto costruttore.

 

Le tematiche affrontate dall’Architettura avranno bisogno di tutto il settore politico, sociale, comunitario, perché il solo tratto dell’Architetto non potrà risolvere le differenti evoluzioni future.

 

Infine, come ultimo intervento per chi come me è giovane ed entra in questo ramo, bisogna costruire le strade da percorrere insieme e non lasciare le menti fresche spegnersi o confrontarsi su temi del passato, abbiamo bisogno di un continuo sforzo sul Futuro.

 

Avrei tanti altri argomenti da discutere collegati tra di loro, quali ad esempio:

  • lessico del tessuto;

  • i concetti di spazi aperti o chiusi;

  • di abitare;

  • di rigenerazione, come e quando;

  • di infrastrutture;

  • di digitalizzazione;

  • di centri culturali;

  • di concorsi;

  • del ruolo degli Ordini;

  • rapporti con le Imprese;

  • le Amministrazioni;

  • e di molto altro.

 

Mi avete concesso la parola sul futuro e potrei descrivervi un nuovo mondo 100 anni oltre questo.

So bene che le mie impressioni o parole sono distanti dal vostro sentire, comunque sento che c’è bisogno di coraggio e di azione. Perché ciò avvenga ritengo sia opportuno che la vostra esperienza si accomuni alle nostre idee, magari azzardate, per poter così compensare e riuscire a realizzare un nuovo sistema sociale politico, al quale purtroppo siamo chiamati e che dovremo ricostruire.

 

Coraggio di agire.

L’ultima cosa che dovrà fare l’Architettura è curare il proprio narcisismo.

 

Ringrazio per la gentile attenzione e vi lascio il tempo, per chi come me, ha inviato il proprio contributo.

 

A presto.

 

Luca.

24.05.2021

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